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sabato 29 novembre 2014

Flesha - Intervista






1) Ciao Flesha! Ti ringraziamo per la disponibilità concessaci! Come nostra consuetudine apriamo l’intervista chiedendoti una tua breve presentazione! Raccontaci come ti sei appassionato alla cultura hip hop, come hai iniziato a rappare e sei soddisfatto di questa tua strada intrapresa.

Ciao e grazie a voi! Ho iniziato ad avvicinarmi alla cultura Hip-Hop giovanissimo, avevo 10-11 anni, erano gli anni di “Dalla Sede” degli OTR, di “Neffa e i messaggeri della Dopa”, di “Zero Stress” di Gruff, giusto per citarti qualche disco che allora mi ha folgorato totalmente, è stato il video di “C’è N’è” degli OTR in particolar modo a farmi capire che avrei voluto decisamente fare questo, è difficile descriverti la sensazione precisa, la considero più una vocazione che una scelta, sta di fatto che ho iniziato ad acquistare tutte le Fanzine possibili, “Biz” e “Aelle” su tutti, per quanto concerne il Rap italiano, ma anche “The Source”, “Rap Pages” ed “XXL”, per poter conoscere in maniera approfondita soprattutto il Rap Americano.
Assimilate le prime nozioni, ho iniziato in maniera spontanea a scrivere i primi versi, ho sempre fatto tutto da solo, indipendente da tutto e tutti, quando ho iniziato a scrivere mi sono reso conto di potermi isolare dai problemi che mi circondavano, creandomi un mio microcosmo che potevo controllare a mio piacimento, questa cosa tuttora mi aiuta nei momenti di stesura delle mie canzoni.
In concomitanza ho iniziato a produrre i primi Beats, ho sempre portato avanti la passione per il Beatmaking e quella per il Rapping all'unisono, per quanto mi riguarda sono compenetranti, non riesco a scinderle, creare Beats e scrivere strofe è la medesima cosa per me; rifarei tutto quello che ho fatto, l’Hip-Hop mi ha salvato la vita e mi ha aiutato a crescere come persona. 




2) Oltre che rapper sei pure beatmaker. Come hai iniziato a produrre? Che strumenti usi? Ti senti più mc o producer? 

Come accennato poco fa, diventare un Beatmaker è stata una conseguenza naturale per me, ho sempre amato la musica, giocare con i suoni, pur non sapendo effettivamente suonare. Da bambino suonavo la batteria (la copertina del mio disco ritrae proprio una mia immagine da ragazzino, con un rullante e delle bacchette in mano), ho sempre amato i ritmi più crudi, da sempre, devi pensare che mio padre mi ha cresciuto con il Jazz e con la musica Fusion, da piccolo mi faceva ascoltare Jeff Lorber, Weather Report e Jaco Pastorius per quanto riguarda la Fusion, oltre a gruppi come Crusaders, più tendenti al Funk, oppure Bill Evans e Oscar Peterson per quanto riguarda il Jazz. 
Ho avuto grazie a Dio una buona educazione musicale, tutto quello che ho ascoltato da piccolo mi ha aiutato a formarmi musicalmente.
Negli anni ho sviluppato la passione per il Digging, tuttora colleziono vinili di musica Black, i miei Beat sono spesso accompagnati da Samples Jazz, Fusion, Funk e Soul, cerco di essere il più originale possibile, questo penso si possa notare ascoltando le mie produzioni.
Per quanto riguarda la strumentazione, uso Fruity Loops e Music Maker dal principio; quando descrivo le strumentazioni che uso a molti producer o addetti ai lavori, viene quasi da ridere, una volta che sentono i miei Beats però si ricredono, non è importante quello che usi ma come lo usi, se per esempio riesci a creare un Banger con una Bontempi sei un capo e nessuno può dirti niente, questo è il modo in cui la vedo io.
Per concludere, come già detto in precedenza, per me è naturale sia scrivere sia produrre, mi sento un Mc e un produttore allo stesso livello, guardo sempre alla globalità di tutto. 




3) Nel 2006 hai iniziato a farti notare molto nella scena underground grazie al tuo primo disco Reportage che ottenne molti riscontri positivi. Quante cose sono cambiate da quel disco fino a oggi che esci col tuo terzo disco ufficiale? Rimpiangi qualcosa di quel periodo? 

 “Reportage” rappresenta un capitolo fondamentale della mia “carriera”, non tanto per la qualità del prodotto, che personalmente reputo troppo datato rispetto ai miei ultimi lavori, ma per la naturalezza con cui è stato concepito, sono felice che sia ancora ricordato come un bel disco, sono riuscito a vendere quasi tutte le copie stampate.
Grazie a quell’album il mio nome è riuscito a girare nel panorama Rap nazionale, ho firmato un contratto di distribuzione per Vibrarecords, sono finito su tantissime riviste, suonato in tantissimi posti, mi sono tolto molte soddisfazioni insomma.
La situazione di questo ultimo periodo non può essere minimamente paragonata con quella di 8-10 anni fa: è cambiato il mercato, il modo di fruire la musica stessa, in quel periodo era sufficiente proporsi con un prodotto ben congeniato per essere visibile, adesso vendere dischi è sempre più difficile, Internet ha cambiato le carte in gioco, non c’è più il cosiddetto “mercato di mezzo” in cui anche un’etichetta indipendente riusciva a garantirti una buona visibilità e la possibilità di vendere discrete copie di un album, ora è tutto in mano a grandi Label che impongono direttive artistiche discutibili. A parte qualche collettivo artistico/etichetta indipendente, in Italia adesso è difficile essere riconosciuti a livello Nazionale con un buon progetto.
Sicuramente la cosa che più rimpiango di quegli anni è la naturalezza con cui veniva concepita la musica, l’equità di trattamento da artista e artista e la qualità dei dischi che uscivano. 




4) Parliamo ora appunto del tuo ultimo lavoro in uscita, Me Myself and I. Già dal titolo capiamo che è un disco molto personale e da alcune tracce, in primis la traccia di apertura Rebibbia, si percepisce anche una certa voglia di rivalsa tramite la musica. In generale cosa vuoi comunicare con questo disco? Quali obiettivi ti poni e che riscontri ti aspetti? 

Sicuramente “Me, Myself and I” è il disco più personale della mia discografia: sono riuscito a dare un’idea globale di quello che sono, del mio modo di vedere le cose, di come quotidianamente mi confronto con la realtà che vivo. Ho voluto mettere in luce tutte le mie caratteristiche, aprirmi a 360°, sia musicalmente sia a livello descrittivo, indubbiamente è un lavoro curatissimo nel minimo dettaglio.
Spesso sono stato additato come un rapper “tradizionalista”, legato unicamente ad un modo di concepire il Rap come nella Golden Age ma con questo album ho voluto sfatare ogni Tabù e dimostrare di essere andato oltre, se ascolti ogni mio disco troverai sempre un punto in comune con il precedente, ma una diversità sostanziale tra progetto e progetto.
“Rebibbia” è uno dei pezzi più rappresentativi dell’album, ho scritto le parole in un momento di particolare difficoltà personale: il testo ruota intorno alla concezione che ogni essere umano ha dei propri sogni, delle proprie ambizioni, molte volte questi sogni, nel momento in cui si crede di averli raggiunti, offuscano la prospettiva e il reale valore delle cose, inseguirli con determinazione non necessariamente ti porta al raggiungimento dei medesimi, ecco perché ci releghiamo in celle mentali come a “Rebibbia”, metaforicamente parlando, all’interno delle quali restiamo bloccati perdendo di vista il reale senso della vita e il piacere delle piccole cose. Ci sono molti elementi autobiografici nel brano in questione, come in gran parte del disco in effetti, non necessariamente per essere autoreferenziale, ma per raccontarmi attraverso la musica; l’obiettivo è quello di essere ascoltato per quello che sono musicalmente, senza doppi fini o mistificazioni di alcun tipo.
Spero vivamente che l’album possa essere apprezzato e supportato a dovere, ci ho messo davvero tutto me stesso per realizzarlo nel migliore dei modi. 




5) Uno dei pezzi che più mi ha colpito del disco è “Quando un fratello se ne va”. Come hai concepito un pezzo del genere? E’ dedicato a una persona in particolare? 

“Quando un fratello se ne va” è un pezzo molto speciale e toccante per me, è un brano dedicato a tutti gli amici che ho perso in questi anni. Come dico nel pezzo “se la vita a volte da, a volte toglie”, ho avuto la sfortuna di perdere qualche fratello lungo il percorso, ho sofferto molto per questo, ho deciso di dare voce alla mia sofferenza scrivendo uno dei pezzi più struggenti di sempre.
Non appena MemoBeats (produttore del Beat) mi ha girato la strumentale per l’album ho pensato subito di scrivere “quando un fratello se ne va”, il ritornello è uscito fuori automaticamente, come se la base richiamasse quel tipo di testo, la musica a volte riesce a creare queste alchimie uniche nel suo genere, sono molto soddisfatto di questa traccia e la presenza di Zampa arricchisce ulteriormente il valore della canzone; non è stata una partecipazione casuale: Zampa ha perso un suo caro amico d’infanzia nel momento stesso in cui stavo lavorando al testo, ho voluto fortemente la sua presenza per dare ulteriore carica emotiva al brano, è una delle canzoni più belle di “Me, Myself and I”.




6) Parliamo un po’ della tua crew, la PDR Click! Come vi siete conosciuti e come avete formato questa crew? 

Conosco i ragazzi da ormai 7-8 anni, ho iniziato a collaborare musicalmente con loro dopo anni di amicizia, sono a tutti gli effetti dei fratelli, hanno fatto molto per me, devo molto a ognuno di loro; in un periodo molto difficile, in cui ho pensato seriamente di abbandonare la musica, sono stati gli unici a starmi vicino e a darmi la fotta necessaria per andare avanti.
Sono entrato nel gruppo in un secondo momento: la formazione base era costituita da Solo Ap, Fama ed Emme, io Pax e Dj Worry siamo subentrati successivamente; il rapporto tra di noi è molto stretto, lavoriamo come dei pazzi oltre a divertirci non poco durante i nostri lives.
Vi posso anticipare, a proposito, che usciranno un tot di progetti riguardanti i singoli componenti del Team: Emme sta per uscire con un progetto suddiviso in 3 ep (il progetto è realizzato assieme a Roberto Chiodi, un cantante R’n’B/New Soul fortissimo che trovate anche in “Me, Myself And I”) Fama e Solo Ap stanno lavorando ai loro nuovi lavori solisti, Pax è da poco uscito con il suo Mixtape “Paxworld” ed è al lavoro su nuovo materiale, Dj Worry sta realizzando un tot di Mixtape contenenti Remix e inediti, inoltre un progetto di gruppo a breve non è da escludere: c’è parecchia carne al fuoco. 




7) Com'è secondo te la scena rap della tua città, Verona? E in generale la scena rap veneta come la vedi in confronto a quella del resto d’Italia? 

Verona è una città attivissima in questi ultimi anni, il livello si è alzato sensibilmente, sono usciti un sacco di gruppi giovani davvero potenti, non abbiamo niente da invidiare a nessuno.
I gruppi di punta siamo noi della PDR Click, Zampa e i “Condor Boyz” Capstan e Non Dire Chaz, Jap e Paggio, Hard Knock Troopers, Astio, Re-Tko e C.K.B, Sonbudo e Peter, elencare tutti è impossibile, ci sono un sacco di Crew giovani che avranno modo di esprimersi al meglio, il tempo stabilirà se ho ragione o meno.
Il Veneto è una fucina di talenti, il livello che abbiamo noi è davvero alto, il problema principale nostro, in quanto regione, è trovare il giusto modo di collocarsi in un panorama Rap nazionale sempre più intricato e saturo di gruppi: “imporsi” agli ascoltatori in maniera predominante come la scena Milanese o quella Romana è molto difficile, ma sono convinto che riusciremo in questa missione.




8) Invece, qual è la tua opinione sulla scena rap italiana? Secondo te è una scena valida o c’è qualcosa che non va? Cosa cambieresti se potessi? 

La scena Rap italiana è in costante fermento: ci sono artisti e Crew di livello, io seguo le uscite ma fino ad un certo punto, ascolto prevalentemente Rap straniero, gli input partono tutti da lì, tuttavia il livello è alto.
C’è un sacco di attenzione mediatica attorno al Rap in questi ultimi anni, questo da un lato consente ai più giovani inesperti di familiarizzare con questa cultura, dall'altro lato bisogna considerare che la moda è passeggera, voglio vedere quanti giovani resteranno fedeli al loro credo una volta finito lo “Tsunami” mediatico di questo periodo.
Detto ciò, gli unici accorgimenti, secondo il mio modesto parere, sono relativi ai Talent Show e alla mera commercializzazione del Rap senza un criterio, cercherei di promulgare una politica più meritocratica (anche se è soltanto una visione utopica), investirei su artisti seri, capaci e determinati, senza nulla togliere alla maggior parte dei rappers del Mainstream, vorrei vedere personaggi meno costruiti e più genuini, solo in questo modo si potrà parlare di un mercato Rap Italiano di livello e competitivo con il resto d’Europa. 




9) Dopo l’uscita di Me Myself and I, che progetti hai in mente per il futuro? Farai uscire altri estratti per promuovere al meglio il disco? Hai già dei live in programma? Oppure sei già al lavoro su altri progetti? Puoi anticiparci qualcosa? 

L’obiettivo è stare bene! 
Scherzi a parte, sono sempre al lavoro su nuovi video per promuovere al meglio il disco, vorrei dare continuità al progetto, sto suonando parecchio in giro con tutta la PDR Click, mi auguro di portare il disco live in più posti possibili, per il momento tutto sta andando bene, mi auguro di continuare su questa linea 




10) L’intervista è terminata. Concludiamo con un tuo saluto ai fan e a chi ci segue!

Un saluto a tutto lo staff di Hiphopmn e a tutti i lettori, vi ricordo che “ME MYSELF AND I” è fuori sia in copia fisica (ordinabile sul sito www.pdrclick.com) sia su tutti i digital store..seguitemi sulla pagina Facebook @Flesha e sulla pagina @PDR Click





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