1) Ciao Deva, è un piacere poter collaborare con te. Per iniziare parlaci dei tuoi trascorsi musicali: quando è nata la tua passione per quest'arte? Da quel giorno fino a Musicaptura 2.0 immagino ne sia passata di acqua sotto i ponti, raccontaci pure le tue esperienze.
Salve a tutti. Il piacere è mio, vi ringrazio per lo spazio e per l’interessamento. Ho avuto modo di essere, anche se inconsapevolmente, affascinato da sta cosa già da bimbo. Ricordo che in tenera età, durante alcuni miei viaggi occasionali a Roma, una serie di bombing ai lati dell’autostrada, alle porte della città. Non c’erano dalle mie parti e i palazzi colorati erano qualcosa di meraviglioso. Più avanti entrai a contatto con la musica. Fu ipnotico indubbiamente lo scratch ma anche col rap, soprattutto perché non seguendolo nessuno, allora, lo sentivo molto intimo. Ho iniziato a scrivere che avevo 11 anni, e a produrre l’anno successivo. L’urgenza di produrre, forte tutt’ora, mi ha spinto prima a scoprire la black music e poi a sconfinare, verso nuovi orizzonti. Decodifico però il breakbeat come l’inizio di tutto. Il mio disco arriva quindi molti anni dopo. Non ho street album, mixtape et simili. Sono cose che non mi interessano. Ho preferito starmene in disparte e a progredire fino a quando non avessi reputato la mia musica quel minimo degna per poter uscire. Ed eccoci qui.
2) Musicaptura 1 non esiste, vero? Come mai allora questo nome singolare dato al primo ed unico volume?
Il volume uno in realtà esiste, ma non è stato mai commercializzato. Oltre ad averlo sentito Argento che l’ha masterizzato, l’avranno ascoltato 3-4 amici intimi al massimo. Fritz Da Cat ne ha una copia, data a mano tempo fa, ma basta. Ad ogni modo, si tratta di una versione meno arrangiata e con alcune tracce diverse rispetto alla versione uscita. Capisco la curiosità di ascoltarlo, garantisco che è un risultato meno interessante di quanto si possa pensare.
3) Pur essendo fondato su solide basi rap, il tuo disco risente di contaminazioni variopinte che lo rendono un lavoro unico nel panorama italiano: ti senti strettamente legato all'HipHop o preferisci essere visto come un semplice musicista?
Ti ringrazio del complimento, vuol dire davvero tanto per me, credimi. Puntavo molto a questo. Attualmente ho un rapporto di sentimenti contrastanti al riguardo. Da una parte c’è una musica e una cultura che hanno condizionato il mio vivere e molte mie amicizie. E mi ha aperto a dischi che mi emozionano ancora. Ma attualmente il rap è un genere che mi dà davvero poco. Faccio una fatica estrema nel trovare delle cose che mi prendano davvero. Detto ciò, la risposta sta nel mezzo: mi sento legato ad esso e sento di essere anche un musicista. Aldilà della produzione in sé e dell’utilizzo del giradischi come strumento, trovo che non bisogna limitare la scoperta della musica ai generi. Io stesso ho visto perle in generi che per anni ho sdegnato. La catalogazione della musica serve a poco: invito a concentrarsi su una percezione fatta di musica bella e non. Una roba o arriva, ed è un bene, o non arriva e quindi, con pazienza, si passa ad altro.
4) Rimanendo sul tema contaminazioni: quali sono gli artisti che indicheresti come pedine indispensabili del background musicale che ti ha portato a comporre un disco come Musicaptura 2.0?
Eh, gran domanda. Considera che il titolo, un gioco di parole nato da “De Musica Captura”, verte proprio sul fatto che le mie influenze sono arrivati da tantissimi canali, molto diversi tra loro. Sicuramente molto rap italiano di vent’anni fa. Deda, Lou X, Neffa, Kaos, Colle, Gopher… anche americano, fine ’80 e ’90. Su tutti forse Cannibal Ox, El-P, Company Flow, Aesop, Organized Konfusion, Dalek, NMS… ma ci sarebbero tantissimi nomi da citare. E chiaramente non mi sono limitato lì. C’è molto dark jazz, tipo della Denovali ma anche più classico (Davis, Coltrane, Hancock, Gill-Scott), c’è della classica e colonne sonore varie, c’è il trip hop chiaramente (Massive, Portishead, Cinematic Orchestra…). Etichette come la Ninja Tune, la defunta Equinox… neo drum ‘n bass, pizzichi di breakcore, progressive… non ne usciamo più. Anche il turntabilism e si sente. In particolare la scuola californiana, quindi Ricci Rucker, D-Styles, Toadstyle, Mike Boo… avrei centinaia di nomi da ricordare, davvero.
5) Oltre alla qualità musicale del tuo lavoro è doveroso nominare quella della copia fisica: stampata in edizione limitata su doppio vinile con variant cover, calligrafie e copertina gatefold. Credo che questa qualità sia figlia di un impegno ed una puntigliosità insoliti: concordi con me nel dire che siano questi i veri cavalli di battaglia della tua musica?
Beh, non nascondo che quando si tratta di far uscire qualcosa, forse la prendo anche fin troppo seriamente, eheh. Sicuramente cerco di metterci tutto l’impegno e tutte le mie capacità: una volta stampato un lavoro, lo si affida alla storia. E’ qualcosa che rimane. E cerco di fare in modo che la cosa rimanga il più tempo possibile, non che tra un mese mi sia pentito di alcune scelte magari frettolose. Riguardo al vinile, beh, sono fin troppo innamorato del supporto. Era inevitabile. Anzi, ringrazio chi ne ha supportato l’uscita perché a loro devo la riuscita della stampa. Sanno chi sono.
6) Dall'esigenza di proporre un circuito alternativo, che sia in grado di promuovere musica ricercata come la tua, nasce Aldebaran Records: parlaci di questa inziativa e di come pensi possa aiutare la diffusione di forme d'arte che non troverebbero spazio nella discografia canonica.
L’esigenza nasce appunto dal fatto che in Italia ci sono molti talenti che riescono ad essere un forte connubio tra idea e capacità, realizzando prodotti dignitosissimi. Per anni ho assistito a dischi che non conosce nessuno, per tantissime motivazioni, che non sono ricordati, quando invece, non voglio sbilanciarmi, potrebbero avere una collocazione in un mercato, addirittura, europeo. Inoltre, per il mio mi sono rivolto a diverse etichette con svariate risposte. Alcune non l’hanno ritenuto adatto al loro target e, giustamente, hanno rifiutato la cosa, ma altri mi hanno riso in faccia senza neanche ascoltarlo. Non mi piace lamentarmi di qualcosa e non cercare almeno di porre un rimedio. Quindi, Aldebaran: un circuito dove proponiamo queste uscite in digitale e cercando di stamparne i vinili in edizione limitata (in base alla richiesta). Il tutto tramite crowdfounding. Perché non realizzare il mio lavoro se magari può piacere ad una fetta di appassionati, semplicemente perché non ho i soldi? Allora, si fa il disco, lo si fa ascoltare e, se piace, si partecipa alla raccolta. Dopodiché il disco verrà stampato. Se non si raggiunge la somma, pazienza, ma almeno c’abbiam provato. Non trovo giusto che un disco, solo perché può vendere 100 vinili, non deve esistere perché le altre etichette non hanno voglia e/o soldi per realizzarlo. Abbiamo pochi mezzi ma voglia di fare e, cosa più importante, siamo degli artisti che muovono la propria etichetta. Per questo la cosa, secondo me, ha del grosso potenziale.
7) Nell'attuale panorama musicale italiano quali credi possano essere le virtù su cui puntare con la tua nuova label? Quali invece i vizi da evitare?
Sicuramente nella musica di difficile catalogazione. Quella strana, ricercata. Ma non solo, anche qualcosa di neo soul, o cose non necessariamente complesse. Non deve essere per forza musica complicata, quanto invece fatta bene. Sinceramente mi sento di evitare progetti che magari possono trovare spazio in altre label, in modo da mantenere intatto il nostro target, anche se non ne abbiamo uno vero e proprio. Le virtù sono l’originalità e la qualità. Un proprio modo di essere che non ti rende avvicinabile ad altri. Una sorta di unicità, ecco. Da evitare sicuramente la banalità o il già proposto, altrimenti si rischia di essere schiacciati da altri con numeri maggiori e, soprattutto, non si dà una aggiunta a tutta sta faccenda. Proprio per questo stimo molto etichette come la RareNoise di Eraldo Bernocchi e Giacomo Bruzzo o la NoMad di Ezra, giusto per fare qualche nome. Hanno origine italiana ma hanno uno sguardo verso l’Europa, propongono le loro cose e cercano di farlo al meglio. E lo fanno bene. Questa è dignità, ai miei occhi.
8) Puoi svelarci i prossimi, nonché primi, progetti della neonata Aldebaran Records?
Io e Mas&Delayer stiamo coordinando insieme il primo ep di presentazione. Un monolite con un lato rap a cura di me, Gome Zeta e Vitro e l’altro strumentale, coinvolgendo Mr.T e AlessioManna dei Casino. Sicuramente ci sarà il disco solista di Vitro totalmente prodotto da me ed è una cosa che ho talmente a cuore che è un po’ come se fosse un disco mio. Vorrei stampare in vinile “Al Cubo” degli Scratchbusters, un disco che meriterebbe una maggiore esposizione (non tanto per il fatto che gli autori sono stati i primi campioni mondiali italiani di scratch, quanto invece al fatto che è un disco bellissimo, musicalmente una tappa per il genere).
9) In ultimo una curiosità, da Wikipedia: "Aldebaran è una stella appartenente alla costellazione del Toro", perché hai scelto questo nome?
Eheh. Perché è una cosa bellissima e la sua identità ha un suono strano. Proprio come l’etichetta! La coincidenza col mio segno zodiacale non mi interessa, invece sì qualcosa di “spaziale”. Te la chiudo così, con una citazione ha smosso un po’ la cosa: “All’opera per l’algebra, stellare più di Aldebaran”.
10) Grazie per l'opportunità che ci hai concesso. Un grosso in bocca al lupo per il futuro da parte di tutta HipHopMN!
Un grosso grazie lascia che lo dica io. Crepi e vi invito a supportare e a condividere la nostra cosa, dato che ci affidiamo al passaparola: www.facebook.com/aldebaranrecords
Salve a tutti. Il piacere è mio, vi ringrazio per lo spazio e per l’interessamento. Ho avuto modo di essere, anche se inconsapevolmente, affascinato da sta cosa già da bimbo. Ricordo che in tenera età, durante alcuni miei viaggi occasionali a Roma, una serie di bombing ai lati dell’autostrada, alle porte della città. Non c’erano dalle mie parti e i palazzi colorati erano qualcosa di meraviglioso. Più avanti entrai a contatto con la musica. Fu ipnotico indubbiamente lo scratch ma anche col rap, soprattutto perché non seguendolo nessuno, allora, lo sentivo molto intimo. Ho iniziato a scrivere che avevo 11 anni, e a produrre l’anno successivo. L’urgenza di produrre, forte tutt’ora, mi ha spinto prima a scoprire la black music e poi a sconfinare, verso nuovi orizzonti. Decodifico però il breakbeat come l’inizio di tutto. Il mio disco arriva quindi molti anni dopo. Non ho street album, mixtape et simili. Sono cose che non mi interessano. Ho preferito starmene in disparte e a progredire fino a quando non avessi reputato la mia musica quel minimo degna per poter uscire. Ed eccoci qui.
2) Musicaptura 1 non esiste, vero? Come mai allora questo nome singolare dato al primo ed unico volume?
Il volume uno in realtà esiste, ma non è stato mai commercializzato. Oltre ad averlo sentito Argento che l’ha masterizzato, l’avranno ascoltato 3-4 amici intimi al massimo. Fritz Da Cat ne ha una copia, data a mano tempo fa, ma basta. Ad ogni modo, si tratta di una versione meno arrangiata e con alcune tracce diverse rispetto alla versione uscita. Capisco la curiosità di ascoltarlo, garantisco che è un risultato meno interessante di quanto si possa pensare.
3) Pur essendo fondato su solide basi rap, il tuo disco risente di contaminazioni variopinte che lo rendono un lavoro unico nel panorama italiano: ti senti strettamente legato all'HipHop o preferisci essere visto come un semplice musicista?
Ti ringrazio del complimento, vuol dire davvero tanto per me, credimi. Puntavo molto a questo. Attualmente ho un rapporto di sentimenti contrastanti al riguardo. Da una parte c’è una musica e una cultura che hanno condizionato il mio vivere e molte mie amicizie. E mi ha aperto a dischi che mi emozionano ancora. Ma attualmente il rap è un genere che mi dà davvero poco. Faccio una fatica estrema nel trovare delle cose che mi prendano davvero. Detto ciò, la risposta sta nel mezzo: mi sento legato ad esso e sento di essere anche un musicista. Aldilà della produzione in sé e dell’utilizzo del giradischi come strumento, trovo che non bisogna limitare la scoperta della musica ai generi. Io stesso ho visto perle in generi che per anni ho sdegnato. La catalogazione della musica serve a poco: invito a concentrarsi su una percezione fatta di musica bella e non. Una roba o arriva, ed è un bene, o non arriva e quindi, con pazienza, si passa ad altro.
4) Rimanendo sul tema contaminazioni: quali sono gli artisti che indicheresti come pedine indispensabili del background musicale che ti ha portato a comporre un disco come Musicaptura 2.0?
Eh, gran domanda. Considera che il titolo, un gioco di parole nato da “De Musica Captura”, verte proprio sul fatto che le mie influenze sono arrivati da tantissimi canali, molto diversi tra loro. Sicuramente molto rap italiano di vent’anni fa. Deda, Lou X, Neffa, Kaos, Colle, Gopher… anche americano, fine ’80 e ’90. Su tutti forse Cannibal Ox, El-P, Company Flow, Aesop, Organized Konfusion, Dalek, NMS… ma ci sarebbero tantissimi nomi da citare. E chiaramente non mi sono limitato lì. C’è molto dark jazz, tipo della Denovali ma anche più classico (Davis, Coltrane, Hancock, Gill-Scott), c’è della classica e colonne sonore varie, c’è il trip hop chiaramente (Massive, Portishead, Cinematic Orchestra…). Etichette come la Ninja Tune, la defunta Equinox… neo drum ‘n bass, pizzichi di breakcore, progressive… non ne usciamo più. Anche il turntabilism e si sente. In particolare la scuola californiana, quindi Ricci Rucker, D-Styles, Toadstyle, Mike Boo… avrei centinaia di nomi da ricordare, davvero.
5) Oltre alla qualità musicale del tuo lavoro è doveroso nominare quella della copia fisica: stampata in edizione limitata su doppio vinile con variant cover, calligrafie e copertina gatefold. Credo che questa qualità sia figlia di un impegno ed una puntigliosità insoliti: concordi con me nel dire che siano questi i veri cavalli di battaglia della tua musica?
Beh, non nascondo che quando si tratta di far uscire qualcosa, forse la prendo anche fin troppo seriamente, eheh. Sicuramente cerco di metterci tutto l’impegno e tutte le mie capacità: una volta stampato un lavoro, lo si affida alla storia. E’ qualcosa che rimane. E cerco di fare in modo che la cosa rimanga il più tempo possibile, non che tra un mese mi sia pentito di alcune scelte magari frettolose. Riguardo al vinile, beh, sono fin troppo innamorato del supporto. Era inevitabile. Anzi, ringrazio chi ne ha supportato l’uscita perché a loro devo la riuscita della stampa. Sanno chi sono.
6) Dall'esigenza di proporre un circuito alternativo, che sia in grado di promuovere musica ricercata come la tua, nasce Aldebaran Records: parlaci di questa inziativa e di come pensi possa aiutare la diffusione di forme d'arte che non troverebbero spazio nella discografia canonica.
L’esigenza nasce appunto dal fatto che in Italia ci sono molti talenti che riescono ad essere un forte connubio tra idea e capacità, realizzando prodotti dignitosissimi. Per anni ho assistito a dischi che non conosce nessuno, per tantissime motivazioni, che non sono ricordati, quando invece, non voglio sbilanciarmi, potrebbero avere una collocazione in un mercato, addirittura, europeo. Inoltre, per il mio mi sono rivolto a diverse etichette con svariate risposte. Alcune non l’hanno ritenuto adatto al loro target e, giustamente, hanno rifiutato la cosa, ma altri mi hanno riso in faccia senza neanche ascoltarlo. Non mi piace lamentarmi di qualcosa e non cercare almeno di porre un rimedio. Quindi, Aldebaran: un circuito dove proponiamo queste uscite in digitale e cercando di stamparne i vinili in edizione limitata (in base alla richiesta). Il tutto tramite crowdfounding. Perché non realizzare il mio lavoro se magari può piacere ad una fetta di appassionati, semplicemente perché non ho i soldi? Allora, si fa il disco, lo si fa ascoltare e, se piace, si partecipa alla raccolta. Dopodiché il disco verrà stampato. Se non si raggiunge la somma, pazienza, ma almeno c’abbiam provato. Non trovo giusto che un disco, solo perché può vendere 100 vinili, non deve esistere perché le altre etichette non hanno voglia e/o soldi per realizzarlo. Abbiamo pochi mezzi ma voglia di fare e, cosa più importante, siamo degli artisti che muovono la propria etichetta. Per questo la cosa, secondo me, ha del grosso potenziale.
7) Nell'attuale panorama musicale italiano quali credi possano essere le virtù su cui puntare con la tua nuova label? Quali invece i vizi da evitare?
Sicuramente nella musica di difficile catalogazione. Quella strana, ricercata. Ma non solo, anche qualcosa di neo soul, o cose non necessariamente complesse. Non deve essere per forza musica complicata, quanto invece fatta bene. Sinceramente mi sento di evitare progetti che magari possono trovare spazio in altre label, in modo da mantenere intatto il nostro target, anche se non ne abbiamo uno vero e proprio. Le virtù sono l’originalità e la qualità. Un proprio modo di essere che non ti rende avvicinabile ad altri. Una sorta di unicità, ecco. Da evitare sicuramente la banalità o il già proposto, altrimenti si rischia di essere schiacciati da altri con numeri maggiori e, soprattutto, non si dà una aggiunta a tutta sta faccenda. Proprio per questo stimo molto etichette come la RareNoise di Eraldo Bernocchi e Giacomo Bruzzo o la NoMad di Ezra, giusto per fare qualche nome. Hanno origine italiana ma hanno uno sguardo verso l’Europa, propongono le loro cose e cercano di farlo al meglio. E lo fanno bene. Questa è dignità, ai miei occhi.
8) Puoi svelarci i prossimi, nonché primi, progetti della neonata Aldebaran Records?
Io e Mas&Delayer stiamo coordinando insieme il primo ep di presentazione. Un monolite con un lato rap a cura di me, Gome Zeta e Vitro e l’altro strumentale, coinvolgendo Mr.T e AlessioManna dei Casino. Sicuramente ci sarà il disco solista di Vitro totalmente prodotto da me ed è una cosa che ho talmente a cuore che è un po’ come se fosse un disco mio. Vorrei stampare in vinile “Al Cubo” degli Scratchbusters, un disco che meriterebbe una maggiore esposizione (non tanto per il fatto che gli autori sono stati i primi campioni mondiali italiani di scratch, quanto invece al fatto che è un disco bellissimo, musicalmente una tappa per il genere).
9) In ultimo una curiosità, da Wikipedia: "Aldebaran è una stella appartenente alla costellazione del Toro", perché hai scelto questo nome?
Eheh. Perché è una cosa bellissima e la sua identità ha un suono strano. Proprio come l’etichetta! La coincidenza col mio segno zodiacale non mi interessa, invece sì qualcosa di “spaziale”. Te la chiudo così, con una citazione ha smosso un po’ la cosa: “All’opera per l’algebra, stellare più di Aldebaran”.
10) Grazie per l'opportunità che ci hai concesso. Un grosso in bocca al lupo per il futuro da parte di tutta HipHopMN!
Un grosso grazie lascia che lo dica io. Crepi e vi invito a supportare e a condividere la nostra cosa, dato che ci affidiamo al passaparola: www.facebook.com/aldebaranrecords
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