Commerciale: che è relativo al commercio.
Molto spesso questa parola viene affiancata ad un’altra a noi più cara, musica, spesso con significato negativo, intendendo un tipo (attenzione, non genere!) di musica adatta al guadagno.
Giri armonici, concetti, parole, ritmi, nulla è lasciato al caso nella cosiddetta musica commerciale, tutto deve funzionare per piacere, non a tutti ma alla maggior parte delle persone; e lo fa; lo fa molto bene.
Il giro di soldi che c’è al di sotto del commerciale è immaginabile, ma come potremmo analizzare questo sistema?
In molti lo descrivono come una mafia e possiamo a tal proposito citare un pezzo classico che non ha bisogno di presentazioni: “S.A.I.C.” di Bassi Maestro (feat. Fabri Fibra); altri invece vedono gli artisti commerciali come burattini nelle mani delle case discografiche che verrebbero utilizzati per comunicare messaggi subliminali a scopo sessuale e/o satanico. Per farne un esempio possiamo nominare Salmo, dove nei suoi video è accusato di frequenti riferimenti satanici oltre alle numerose metafore che riguardano la vendita si se stessi come “il patto col diavolo”, ma è giusto per rimanere vicini al rap italiano in quanto pare siano frequenti nelle canzoni più commerciali e internazionali, riferimenti agli Illuminati. L’ultima accusata è stata Lady Gaga!
Ma torniamo al rap. Probabilmente se Tupac non si fosse impegnato a vendere noi oggi non sapremmo nemmeno chi era e questo vale per tanti artisti conosciutissimi che hanno abbandonato la realtà underground per portarsi a livelli economici più alti. Ma mi domando: si può arrivare ‘ai più’ piacendo anche ‘ai meno’ senza vendere se stessi oltre ai propri dischi? Domanda da un milione! La risposta è: sì e no.
E’ no perché il punto cruciale è che le case discografiche non stabiliscono loro cosa deve piacere alla massa, bensì è la massa stessa a comunicare alle case cosa in quel momento preferisce (qui c’è una piccola nota da inserire: molte persone, prima di quello commerciale, neanche lo ascoltavano il rap ma si è avvicinato a QUEL tipo di rap perché si avvicina al genere di musica che di solito ascolta), quindi se vuoi fare i soldi devi fare quel tipo di musica.
State pensando a quello che sto pensando io? Già, ultimamente la parola d’ordine è “elettronica”! La New School è tutta improntata sui nuovi suoni elettronici e i risultati sono impressionanti: oggi il rap commerciale in Italia fa un giro di soldi pari o quasi al pop, solo che se nel pop lo scopo è emozionare (con testi spesso banali), nel rap commerciale si pensa a divertire, impressionare, usare il gergo dei giovani e scrivere testi non impegnativi, facilmente ricordabili, su musiche orecchiabili che ti rimangono stampate nel cervello. Inutile fare nomi.
La risposta invece è in parte “sì” perché se a te piace fare rap sull’elettronica, hai gli argomenti che al momento piacciono di più e sei bravo, hai buone possibilità di diventare famoso e passare per le radio nazionali senza fare patti col demonio (ovviamente sotto contratto, perché senza non vai da nessuna parte).
Detto ciò… L’HipHop è morto? E’ la domanda che scaturisce da queste riflessioni, dato che la prima essenza di questo genere musicale è andata svanendo in quanto si è evoluto e si sta evolvendo ancora, come ogni cosa. La mia risposta, come quella di tutti i collaboratori di questo blog, è NO! Finché ci sarà chi lo fa con passione, non morirà mai.
Insomma, la musica è probabilmente ciò che più piace al genere umano, ciò che emoziona di più e ci sono persone che la sfruttano per i propri guadagni ma sempre, e ci tengo a sottolinearlo, perché è la massa a permetterlo. Quindi se in Italia un pezzo che parla di Alfonso Signorini scala le classifiche invece di qualsiasi altra canzone più impegnata che tocca gli stessi argomenti, è perché la maggioranza delle persone che ascolta rap in Italia preferisce quel tipo di musica. A ogni popolo “il governo” che merita. Un saluto a tutti
-Anima
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