Rocco Hunt, pubblica “Poeta urbano” a 18 anni. Nell’immaginario collettivo i 18 anni sono spesso legittimamente sintomo di immaturità, testardaggine e diciamocelo… strafottenza, a quanto pare però c’è bisogno di sfatare un mito…
Rocco Hunt inizia il suo percorso musicale davvero molto presto: ad 11 anni accede al mondo dell’hip-hop dalla porticina più umile e piccola con le consuete partecipazioni alle Jam, gare di freestyle e quant’altro; il percorso, probabilmente ancora lungo, porta alla prima tappa nel 2010 ovvero la pubblicazione dell’EP “A music' è speranz” messo ultimamente in freedownload dall’artista campano.
Sotto la onnipresente Honiro Label nel 2011 è fuori il secondo album solista di questo mc: “Spiraglio di periferia” lavoro ben accolto dal grande pubblico che oggi però forse è giusto vedere sotto un’altra luce: l’mc campano rappa esclusivamente in dialetto salernitano per 8 tracce, scelta che dopo l’uscita di quest’ultimo disco è legittimo considerare limitante ed un po’ ridondante, oltretutto “Spiraglio di periferia” è composto di ottime tracce e tracce molto meno convincente ed incisive creandosi delle luce e delle ombre che lasciano perplessi.
Nel 2013 sotto la major Sony BMG viene pubblicato l’album protagonista di questa recensione. Parlarne è complicato: è complicato capire come un ragazzo di 18 anni abbia avuto la forza, l’ostinazione ed un cuore enorme per produrre un disco del genere, storcere il naso è facile davanti alla copertina ed alla carriera ancora novella dell’artista e scrollarsi tutti i pregiudizi prima di premere Play non è nemmeno semplice.
I difetti del precedente disco vengono cancellati in modo vistoso e resi addirittura punti di forza in “Poeta urbano”: ad aprire è “Io posso”, traccia dal titolo già molto eloquente e non casualmente posta al primo posto, l’mc salernitano lancia un attento ed estremamente adatto monito ai giovani delle sue zone: non lasciarsi illudere dal cancro della droga o dalla sindrome dell’apparire a tutti costi è fondamentale per essere persone “vere” e non modellini creati o distrutti da ciò che ci circonda. I successivi 4 pezzi proseguono su questa linea “conscious”.
Va fatta una menzione speciale a “Quanto darei”, il pezzo fa conoscere all’album l’accento torinese di un Ensi (Unica voce non meridionale del disco) che crea con “Rocchin” due strofe davvero sentite e toccanti che ricalcano l’infanzia dei due artisti in modo lucido, con un pizzico di rammarico ed insieme orgoglio per quello che è mancato nei primi anni di vita, raramente descritti dagli mc italiani, va riportato: “non mi abituo a sto successo perchè ho sempre lavorato / Dio lodato per questa chance che m'ha dato / se Dio esiste io spero che ci perdoni, stop / se non esiste ho fatto bene a credere all'hip-hop”. “L’ammore overo” e soprattutto “Happy meal” continuano ad esaltare l’umiltà e l’amore per questa cultura del giovanissimo mc salernitano che continua a mettersi a nudo coinvolgendo quasi obbligatoriamente l’ascoltatore, due bei ricordi da riascoltare più e più volte.
La successiva traccia “Capocannonieri” regala al disco il lato leggero che cominciava a mancare e vede riemergere la grande accoppiata campana Rocco Hunt – Clementino che divertono ma forse un pochino deludono considerando la caratura della traccia “O mar e o sol”, sulla scia “Atleti” vede un ispiratissimo Denny the cool alla produzione e forse questa è la limitazione del disco, la poca presenza di tracce un po’ meno concentrante e significative e più puramente musicali da ascoltare e cuor leggero ed esaltarsi. Le ultime 5 tracce riprendono più punti del disco: in “Io ci sarò” su una magistrale base del gatto divenuto famoso per il suo Akai 950 Rocco con un aiuto dell’amico pugliese Reverendo espone tutto l’amore protettivo che si può dare ad un figlio, o ad un fratello. E’ giusto citare anche le collaborazione di Nazo e Zoa, piacevoli presenze campane che compiono in modo egregio il loro compito senza troppo dare nell’occhio.
Il secondo protagonista di “Poeta urbano” è Fabio Musta, beatmaker che l’Italia ha imparato a conoscere e non ha esitato ad apprezzare meritatamente, infatti egli produce ben 5 tracce su 12 senza mai calare o presentare un risultato banale; sempre parlando delle produzioni il nostro RH estrae dalla sua crew 3 strumentali: due più che discrete di Nazo ed una del beatmaker Paco6X che personalmente non conoscevo finora, tuttavia data la prestazione non è da escludere una crescita della sua fama.
Forse ci si può chiedere quali siano i veri difetti di questo disco: trovarne di grossi è una missione ardua, la verità è che il prodotto non pretende il podio dei dischi più importanti della storia del nostro hip-hop ed è per questo motivo che vale tanto, il non voler essere per forza il top, il manifestare pazienza ed umiltà senza mai abbassare lo stendardo dell’orgoglio ed i suoi intenti li adempie tutti e tutti molto bene, da ridire c’è poco, ascoltare per credere.
Tutto questo bel discorso e queste tante parole dove portano?! Portano a farci notare che in Italia siamo stati abituati male: in Italia un mc a 18 anni con soli due dischi alle spalle sente già di avere il cielo tra le mani, pensando di potersi permettere rime, comportamenti e prestazione decisamente discutibili ed arroganti… Rocco spero (ma non credo…) abbia riportato questa parte della scena italiana coi piedi per terra, elevandosi lui stesso come validissimo mc e straordinaria persona. Ascoltare questo disco è sorprendente e molto molto piacevole, per il futuro io ci punto più di qualche fiches su questo ragazzo.
Ad maiora.
Voto: 8/10
Michele Garribba “King”
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